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.22.10.2014

I loro padri vissero la guerra Dopo 71 anni i figli si ritrovano

«Si mobilitarono per soccorrere chi cercava di salvarsi la pelle»

I figli dei soldati e degli zeviani che vissero gli anni della guerra
I figli dei soldati e degli zeviani che vissero gli anni della guerra

Settantuno anni dopo, nella stessa casa, con sul tavolo manzo e pearà, si sono ritrovati i figli di una generazione divisa dalla guerra ma unita da una solidarietà che andò oltre le diverse appartenenze. E' successo a Volon, a casa dello scomparso Amelio Bonato. Nel 1943 la sua famiglia non ci pensò un attimo a dare ospitalità a due prigionieri inglesi fuggiti dal campo di lavoro di Zevio dopo l'8 settembre, quando l'Italia di Badoglio rinnegò Hitler per schierarsi con gli angloamericani. I Bonato non fecero una piega anche quando videro il loro capanno riempirsi con 12 nemici divenuti amici.
Nonostante il conflitto e il rischio fucilazione, un pezzo di pane si poteva sempre racimolare. E pane ci fu fino a quando i tedeschi fucilarono Luigi Ferrari e Attilio e Leonildo Bettili per aver nascosto prigionieri alleati, secondo testimoni ingiustamente accusati d'aver ucciso una camicia nera durante un rastrellamento. In seguito a quell'episodio, in paese il clima divenne irrespirabile. Così i militari britannici, nascosti dai Bonato, decisero di consegnarsi ai carabinieri. Successe dopo una cena in casa di Amelio, al tavolo anche i militari dell'Arma che li avrebbero presi in custodia. Di quella dozzina di uomini non se ne seppe più nulla fino al 1960, quando uno di loro, Albert, arrivò a Volon per ringraziare.
Amelio e Albert non ci sono più. Ma ora a casa Bonato ha fatto tappa il discendente di un altro prigioniero di guerra che visse un'identica esperienza a Caiano di Pojana Maggiore: Winston Tomkins. Pure lui catturato in Nord Africa nel 1942 ma smistato a lavorare nelle campagne di Bonavigo.
Il figlio di Winston, Steve, 61 anni, gallese, ex giocatore di rugby, è entrato in scena grazie all'omonimia tra i salvatori di suo padre e quelli di Zevio, accomunati dal cognome Bonato. Steve era stato a Cagnano per ringraziare i Bonato già nel 1990, ma poi ne aveva perso le tracce. Li ha ritrovati grazie a Internet, estendendo l'amicizia alla famiglia di Volon.
«Vicende come questa ripropongono le forme di resistenza non armata di cui fu protagonista la nostra gente», dice il regista Mauro Vittorio Quattrina, autore del film «Quei giorni di coraggio e paura», incentrato sull'altruismo dei veronesi nei confronti dei prigionieri di guerra alleati. «I nostri Schindler e Perlasca, centinaia, si mobilitarono non per questioni politiche ma per soccorrere con grande spirito di solidarietà persone che cercavano di salvarsi la pelle». «Grazie al film di Quattrina il coraggio dei nostri padri ha suscitato un interesse internazionale», gli fanno eco Linda e Giantonio Bonato, figli di Amelio.
Con sé Steve ha lettere spedite dal padre ai familiari durante la prigionia. I Pow (prisoner of war) viaggiarono dall'Africa all'Italia su navi della Croce rossa. Furono concentrati nei campi di Brindisi, Capua, Benevento, Macerata. Winston scelse di lavorare in campagna per avere più cibo, maggiore libertà, percepire la paga, avere un letto. Causa guerra mancavano braccia per i campi. E con zappa e badile gli inglesi si fecero benvolere.
Steve ha raccolto tutte le testimonianze sulla prigionia di suo padre. Winston e un compagno d'armi, Clive Davies, rimasero nascosti a Caiano fino all'arrivo degli americani, il 30 aprile 1945. Due anni passati con la paura di essere deportati. Nelle sue missive piene di gratitudine per la famiglia che lo ospitava, Winston scrisse d'essere addirittura ingrassato. E che nella sua dieta era era entrato pure un gatto.P.T.

 

08 September 20014 Meeting with Steve Hopking

The last Article of Market Rasen Mail March 02nd 2014, please use the below link:

 

http://www.marketrasenmail.co.uk/news/features/nostalgia/italian-trip-to-tell-grandfather-s-wartime-story-once-more-1-5900460

 

 

 

Giornale l' Arena a riguardo del Meeting a Market Rasen del 22Luglio 2013
Newspaper "l' Arena" about our meeting of July 22th 2013
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Giornale "Rasen Mail" Meeting a Market Rasen del 22Luglio 2013
Newspaper "Rasen Mail" about our meeting of July 22th 2013
Days of courage and fear relived - Marke
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Giornale "Rasen Mail" Persona di Market Rasen dice grazie alla famiglia che gli ha salvato la vita
Rasen man says "Grazie" to family who saved his life July 14 1999
Articolo Albert.pdf
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Dal giornale l' Arena (Verona)
ZEVIO. Le storie dei prigionieri britannici rinchiusi a Villa Da Lisca fra il 1942 e il ’43 raccontate in un documentario
Giorni di coraggio e di paura
di Piero Taddei
 
Anche le vicende successe nel campo per prigionieri di guerra alleati, che funzionò nella seicentesca Villa Da Lisca, sono comprese nel documentario «Quei giorni di coraggio e di paura» del regista veronese Mauro Vittorio Quattrina, che in anteprima sarà proiettato stasera alle 20.30 nella sala consiliare. Tra il 1942 e l’8 settembre del 1943 a Villa Da Lisca furono internati circa 140 militari britannici, una buona fetta di origine indiana, catturati nel Nord Africa.
Documenti e lettere di recente ritrovate documentano come la gestione della villa, alla pari degli altri campi del genere allestiti nel Veronese, avesse poco da spartire con la disumanità con cui funzionavano i lager nazisti. Compito dei internati era quello di supplire alla penuria di manodopera maschile impegnata a combattere sui vari fronti bellici. Di fatto le grosse aziende agricole della zona facevano domanda di braccia, che in base alle disponibilità venivano assegnate.
In paese c’è ancora chi ricorda come la mattina i britannici partissero su carri o camionette per il lavoro scortati da guardie armate. Andavano a zappare il mais, a raccogliere il tabacco, a coltivare i frutteti. La mancanza di cibo era alleviata dall’arrivo di pacchi della Croce rossa.
Un testimone, Elisa Piva, ha raccontato che a volte, per scarsità di vitto, i prigionieri divoravano le patate che lei cuoceva per i maiali. Di molti prigionieri sono noti i nomi perché sono state ritrovate anche lettere che i famigliari indirizzarono dalla Gran Bretagna ai loro cari costretti a rimanere nei campi veronesi, una quindicina tra Bussolengo, Montecchia, Lazise, Oppeano, Legnago, Bonavigo, Angiari, Isola della Scala, Vigasio, San Martino Buon Albergo, Mozzecane. Quello allestito a Villa da Lisca era uno dei più grandi.
L’incanto – se così si può dire – si ruppe l’8 settembre del 1943, quando il generale Badoglio annunciò l’armistizio con gli angloamericani e la fine dell’alleanza con la Germania. Seguì un parapiglia che permise ai prigionieri britannici di scappare facilmente dal campo di lavoro di Villa Da Lisca per abbandono delle guardie. Gli «inglesi» ripararono nelle campagne circostanti che conoscevano bene per averci lavorato. Alcuni furono nascosti nelle case dei datori di lavoro, che li sfamarono e vestirono a rischio di rimetterci la pelle. Insomma, in quel periodo fu scritta una pagina nobile della cosiddetta resistenza non armata.
Ma i nazifascisti non rimasero con le mani in mano e iniziarono una caccia che fu sanguinosa. Eclatante la tragedia dei fratelli Attilio e Leonildo Bettili, fucilati alle casermette di Montorio assieme al colono di Oppeano Luigi Ferrari per aver dato rifugio nella loro azienda, in località Acquabona di Palù, a alcuni fuggitivi, di cui due passati per le armi. Non andò meglio a Giovanni Della Riva, fucilato sedicenne per aver aiutato un prigioniero di guerra scappato dal campo zeviano. Altre famiglie di Zevio tenero in casa prigionieri alleati o ne sfamarono a decine come quella di Amelio Bonato di Volon.
Le comuni difficoltà fecero nascere profonde amicizie, dopo la guerra sfociate in ripetute visite da parte degli ex prigionieri, visite che ora continuano a rinnovarsi con i nipoti. Tutte storia che il documentario di Quattrina racconta.
La sintesi di tre anni di lavoro che ha messo insieme documentazioni inedite ricercate in tutto il mondo. E anche un’intervista a una delle più note ricercatrici storiche su scala planetaria di prigionieri di guerra, la neozelandese Susan Jacobsre.
Insomma, «Quei giorni di coraggio e di paura» racconta storie mai descritte, che gettano una nuova luce sulla resistenza non armata e sul valore morale delle popolazioni contadine venete. Il documentario ha visto l’appoggio dei Comuni, della Provincia e della Regione